La compromissione neurologica ha un impatto importante sia sulla morbilità che sulla mortalità. È stato stimato che dal 40 al 70% dei pazienti affetti da HIV presenta manifestazioni neurologiche sia centrali che periferiche. Con l’avvento della terapia antiretrovirale (ART), c’è stata una riduzione della mortalità, ma è aumentata la durata dell’esposizione al virus e all’ART. Pertanto, vi è stata una riduzione del danno neurologico secondario alle infezioni opportunistiche correlate a gravi stati di immunodepressione, ma, al contrario, i sintomi associati alla permanenza del virus e all’esposizione all’ART, come la neuropatia periferica, rimangono persistenti.
Il tasso di incidenza della neuropatia sensoriale (SN), e in particolare della polineuropatia simmetrica distale (DSP), varia dal 30 al 60% tra i pazienti sieropositivi. La SN è risultata essere la forma più frequente di neuropatia tra gli individui sieropositivi, con manifestazioni cliniche variabili ma che includono dolore urente, intorpidimento e parestesia, che possono essere invalidanti e irreversibili, con un impatto importante sulla qualità della vita. Uno studio trasversale osservazionale e descrittivo ha valutato l’impatto del dolore neuropatico sulla qualità della vita dei pazienti sieropositivi utilizzando la scala Leeds Assessment of Neuropathic Symptoms and Signs (LANSS), le domande Douleur Neuropathique 4 (DN4), il Neuropathy Disability Score (NDS) e la scala Short Form Health Survey (SF-36). Secondo i risultati la qualità della vita dei pazienti con dolore neuropatico era peggiore in 6 degli 8 domini della scala SF-36. Il numero di manifestazioni cliniche correlate all’HIV, il periodo di tempo con carica virale rilevabile dalla diagnosi, il tempo trascorso dalla diagnosi di infezione da HIV e il periodo di tempo di utilizzo della HAART hanno avuto un impatto negativo sulla qualità della vita.
In particolare la durata dell’uso dell’ART si correla negativamente all’insorgenza di neuropatia periferica. Difatti, secondo i dati ottenuti dagli studi, più lungo è il tempo trascorso dalla diagnosi di infezione da HIV e di conseguenza più lungo è l’uso dell’ART, maggiore è il rischio di sviluppare neuropatia periferica. I risultati in dettaglio sulla durata dell’uso della ART hanno mostrato che oltre il 54% dei pazienti con dolore neuropatico era sottoposto ad ART con durata superiore ai 10 anni, mentre nel gruppo senza questo sintomo, il 65% ha utilizzato ART per meno di 9 anni.
Anche le tempistiche della diagnosi si correlano negativamente con la qualità della vita. È stato osservato che tempi più lunghi con la diagnosi di infezione da HIV erano correlati a peggiori punteggi di qualità della vita in tutti i domini valutati. Inoltre, i pazienti con dolore neuropatico avevano avuto la diagnosi di infezione da HIV per tempi più lunghi rispetto al gruppo di controllo e questa differenza era statisticamente significativa.
Si ha invece una correlazione positiva tra valore di CD4 e qualità della vita. Si è visto che più alti erano i valori di CD4, più alti erano anche i punteggi in tutti i domini valutati. Nel gruppo affetto da neuropatia la correlazione tra CD4 e i domini degli aspetti fisici, aspetti emotivi, vitalità e salute mentale ha presentato valori p <0,05. Pertanto, il mantenimento di livelli adeguati di CD4 ha un impatto positivo su diversi aspetti della qualità della vita dei pazienti con dolore neuropatico.
Anche la carica virale (VL) si correla alla qualità della vita in quanto pazienti con VL non rilevabile e una migliore aderenza alla ART mostrano una migliore qualità della vita. Questo si spiega con il fatto che un migliore controllo dell’HIV, previene i fattori di rischio per il dolore neuropatico e aiuta a migliorare la morbilità. Ciò è stato confermato dal fatto che anche i pazienti con VL non rilevabile avevano punteggi di qualità della vita peggiori quando erano presenti sintomi neuropatici. In conclusione la neuropatia dolorosa correlata all’HIV è un fattore che peggiora la qualità della vita dei pazienti infettati da questo virus e dovrebbe essere inclusa nella valutazione clinica.