
Grazie a cure sempre più complesse e precise che migliorano nel tempo, allo screening mammografico e alla diagnosi precoce – legata alla maggior consapevolezza delle donne in presenza di sintomi/segni sospetti e ai trattamenti adiuvanti post-chirurgia – le donne hanno raggiunto una sopravvivenza dell’87% a 5 anni dalla diagnosi e dell’80% a 10 anni. Questo significa che, anno dopo anno, aumenta il numero di donne che vivono in Italia dopo una diagnosi di carcinoma della mammella: nel 2020 erano 850mila e circa 250mila di queste avevano avuto una diagnosi da meno di 5 anni. Significa che anche l’attività chiamata di ‘follow-up” è sempre più importante. Senza contare l’importanza delle terapie integrate, ancora poco conosciute e praticate oggi in Italia. Se ne è parlato oggi a Roma nel corso del convegno “Follow up of Early Breast Cancer: Working for a 2023 consensus”, che ha l’obiettivo di costruire le condizioni per arrivare ad una conferenza di consenso per aggiornare e rendere più efficace l’attività di follow-up. “Sono proprio queste 250mila donne quelle maggiormente interessate ad un follow up con visite specialistiche e controlli più frequenti – prosegue Stefania Gori, Presidente Aigom (Associazione Italiana Gruppi Oncologici Multidisciplinari) -. È infatti nei primi 5 anni dalla diagnosi che si verifica il maggior numero di riprese di malattia, con entità del rischio differenziato a seconda delle caratteristiche clinico-bio-patologiche”. “L’assenza di evidenze recenti della letteratura sulla tipologia di follow up, i progressi diagnostico-terapeutici che indicano oggi con maggior definizione i sottogruppi di carcinoma mammario a maggior rischio di ripresa, e le possibilità terapeutiche efficaci qualora la malattia diventi metastatica – conclude Gori -. rendono necessario ‘rivedere’ le modalità con cui viene effettuato il follow up del carcinoma mammario in fase precoce”.