Emofilia, cura definitiva (in prospettiva) con la terapia genica. FedEmo: va migliorata l’assistenza

Migliorare l’assistenza ai pazienti con emofilia, malattia genetica rara dovuta a un difetto di coagulazione del sangue; rafforzare la rete dei Centri di riferimento per la diagnosi e il trattamento della patologia; favorire la presa in carico globale delle persone malate con l’attivazione, in ogni Regione, dei Percorsi diagnostico-terapeutici assistenziali (Pdta) in tutte le fasi della malattia, dalla diagnosi alle terapie, dalla gestione delle emergenze emorragiche, fino alla prevenzione e al trattamento delle complicanze della patologia, come previsto, del resto, dall’ Accordo tra Stato e Regioni, in vigore dal 2013, sulla «Definizione dei percorsi regionali o interregionali di assistenza per le persone affette da MEC-Malattie Emorragiche Congenite» (gruppo in cui rientra l’emofilia).
È l’appello rivolto alle istituzioni in occasione della giornata mondiale dell’emofilia, il 17 aprile, dalla Federazione delle associazioni emofilici (FedEmo), nel corso di un convegno svoltosi a Roma, dal titolo «Terapia genica e innovazione terapeutica: i nuovi bisogni nell’assistenza alle MEC».
Cure disponibili
Si stima che nel mondo siano 400 mila le persone che soffrono di emofilia, circa cinquemila solo in Italia. In base agli ultimi dati dell’Istituto Superiore di Sanità, nel «Registro nazionale delle coagulopatie congenite» sono presenti in totale 9.784 pazienti, di cui circa il 30 per cento con emofilia A, il 28,6 per cento soffre della malattia di von Willebrand, il 7,2 per cento ha l’emofilia B e il 34,1 per cento presenta carenze di altri fattori.
Negli ultimi anni è migliorata l’aspettativa di vita dei pazienti con emofilia grazie ai progressi scientifici. Un «primo progresso è stato ottenuto con i prodotti a lunga emivita che hanno permesso ai pazienti in regime di profilassi (somministrazione costante del fattore carente per prevenire le emorragie, ndr) di infondersi intravena un minor numero di volte – spiega Flora Peyvandi, direttore del Centro Emofilia e Trombosi “Angelo Bianchi Bonomi” del Policlinico di Milano –. Successivamente, l’utilizzo di un nuovo farmaco, a somministrazione sottocutanea, ha reso ancora più semplice la profilassi, soprattutto nei pazienti più piccoli».
Terapia genica: presto anche in Italia?
Nuove prospettive s’intravedono con la recente approvazione - sia pure condizionata - da parte dell’Agenzia europea del farmaco (Ema), di due farmaci di terapia genica - per l’emofilia di tipo A e per quella di tipo B - che, potranno essere realmente disponibili in Italia a carico del Servizio sanitario nazionale, solo dopo il via libera dell’Aifa, l’Agenzia italiana del farmaco. In pratica, come spiega la dottoressa Peyvandi: «Con un’unica infusione è possibile raggiungere la protezione dalle emorragie per diversi anni».
Personale qualificato
Sul fronte dell’assistenza ai malati, invece, rimangono le lacune, con differenze da una Regione all’altra, e anche all’interno della stessa Regione.«Il post Covid ha visto le Regioni ridurre sistematicamente gli investimenti sui Centri di emofilia e sulle risorse professionali che vi operano – riferisce Cristina Cassone, presidente di FedEmo –. Ci troviamo a un bivio: da un lato, la ricerca offre prospettive inimmaginabili fino a pochi anni fa e s’intravede, con la terapia genica una cura per l’emofilia; dall’altro, c’è stato il d epotenziamento dell’assistenza e, se non s’investe in quest’ambito, si rischia di non avere più professionisti e centri specializzati nelle Mec, che devono gestire terapie anche ad altissimo costo, come nel caso di quella genica. Molti ematologi stanno andando in pensione e il nostro timore è che a breve non ci siano sostituti altrettanto qualificati. Ma, – sottolinea Cassone – se il paziente riceve cure di qualità da professionisti competenti, ci saranno vantaggi anche per la spesa sanitaria».
Le fa eco il dottor Giancarlo Castaman, direttore del Centro Malattie emorragiche presso l’Azienda Ospedaliera-Universitaria Careggi di Firenze: «La gestione delle nuove terapie nell’ambito delle sperimentazioni cliniche richiede una strutturazione articolata da parte non solo del personale medico-infermieristico ma anche di figure come i data manager o gli infermieri di ricerca, ancora in gran parte non contemplate negli organici dei centri, se non per iniziative degli stessi.Per la terapia genica, ad esempio, sono previsti diversi adempimenti amministrativo-gestionali che richiedono tempo e costanza e personale adeguato in termini di numeri congrui e qualificazione».
Ancora non attivi i Pdta per la presa in carico globale
Altra nota dolente è la mancata applicazione su tutto il territorio nazionale dell’Intesa sulle Mec, sottoscritta da Stato e Regioni dieci anni fa.
«Tutte le Regioni hanno recepito l’Accordo ma senza un impegno di spesa – spiega la presidente di FedEmo –. Il recepimento richiedeva, per la sua attuazione, l’adozione di percorsi diagnostici, terapeutici e assistenziali dedicati (Pdta). Ogni Regione avrebbe dovuto attivare questi strumenti di organizzazione sanitaria per supportare i Centri di emofilia esistenti sul territorio. Per la presa in carico globale del paziente, infatti, devono collaborare, con l’ematologo, altre figure professionali quali, per esempio, ortopedico, infettivologo, odontoiatra, oltre al pediatra e al medico di medicina generale. Quando il paziente va al Centro di emofilia per i controlli – spiega ancora Cassone – va monitorato non solo il suo stato di coagulazione ma anche le sue condizioni generali di salute soprattutto se si tratta di persone adulte; per esempio, andrebbe controllato il loro stato articolare e muscolare, “stressato” negli anni dai continui sanguinamenti» (in particolare accadeva prima che fossero disponibili i nuovi farmaci per la profilassi, ndr).
Appello alle istituzioni
Ecco perché, in occasione della giornata mondiale, la Federazione delle Associazioni di pazienti una volta di più lancia un appello alle Regioni perché introducano i Pdta per le Malattie emorragiche congenite.
«Per favorire la loro adozione – riferisce la presidente di FedEmo – un gruppo di lavoro della società scientifica Aice (Associazione Italiana Centri Emofilia) sta predisponendo una sorta di linee guida sui Pdta per la presa in carico dei pazienti con Mec, in modo che siano di supporto alle Regioni che ancora non hanno introdotto questi strumenti. FedEmo, poi, chiede con forza a tutte le Istituzioni, sia a livello nazionale che regionale, di destinare più risorse strutturali e umane all’assistenza delle persone con Mec e che i pazienti e i loro rappresentanti siano direttamente coinvolti nei tavoli tecnici di programmazione per le Malattie emorragiche congenite» conclude Cassone.