In chi soffre di malattie infiammatorie croniche i rischi per il cuore sono elevati?

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22/03/2023

Ho letto che il rischio di problemi cardiovascolari è più alto per chi ha l’artrite. Io ne soffro. Qual è il mio livello di rischio e a quali esami dovrei sottopormi?

Risponde Carlo Selmi, responsabile Reumatologia e immunologia clinica, Istituto Humanitas, Milano.

È molto chiaro oggi come l’infiammazione cronica sia una causa di accelerata aterosclerosi attraverso comuni meccanismi immunologici, ben rappresentati da alcune citochine come IL6, influenzando quindi il rischio cardiovascolare, ovvero la probabilità di soffrire di una malattia acuta delle coronarie oppure della circolazione cerebrale (ictus in particolare). Negli ultimi anni numerosi studi hanno dimostrato come, anche in chi non soffra di una malattia infiammatoria, l’infiammazione cronica sia alla base delle alterazioni delle arterie responsabili delle malattie di cuore e cerebrovascolari. In ambito immunologico, un recente studio proveniente da Cleveland (Usa) e pubblicato sul Journal of the American Heart Association ha indagato oltre 60mila pazienti con malattie infiammatorie croniche, dimostrando come i casi di infarto del miocardio accadessero con maggior frequenza e in età più giovane rispetto al resto della popolazione. Nello stesso studio si è osservato come in chi ha una malattia infiammatoria cronica esista un rischio maggiore di soffrire in seguito di scompenso cardiaco, una condizione cronica in cui il cuore non riesce a garantire sufficiente effetto di pompa, causando difficoltà respiratorie ed edemi agli arti inferiori per piccoli sforzi.

Nel caso dell’artrite reumatoide, questa aumenta del 50% il rischio cardiovascolare indipendentemente da altre caratteristiche individuali. In chi soffre della malattia è pertanto di grande importanza controllare le altre condizioni che potrebbero aumentare il rischio e in particolare smettere di fumare, evitare obesità e sovrappeso, mantenere uno stile di vita attivo e controllare i livelli di colesterolo e trigliceridi . Occorre sottolineare che il fumo di sigaretta, oltre ad essere coinvolto nell’insorgenza dell’artrite reumatoide, si associa a una malattia più aggressiva e meno responsiva alle terapie. Il rischio cardiovascolare associato all’artrite reumatoide, tuttavia, può essere riportato ai valori della popolazione generale di pari età, sesso e altri fattori di rischio se la malattia è in remissione, un obiettivo oggi ottenibile soprattutto combinando farmaci classici come il methotrexate con molecole di uso più recente dirette contro mediatori dell’infiammazione, sia biologici da assumere sottocute (ovvero anticorpi monoclonali o recettori solubili contro IL6, TNFalfa, CTLA4) o piccole molecole orali contro JAK. D’altro canto la scelta di questi farmaci deve tenere in conto anche il profilo cardiologico dell’individuo, in quanto alcuni meccanismi devono essere usati con maggiore cautela in determinate condizioni.

Per esempio i biologici contro TNFalfa sono controindicati in chi soffre di scompenso cardiaco. Di recente l’Agenzia europea per i medicinali (Ema) ha disposto che i farmaci anti-JAK sono da introdurre con cautela in chi abbia caratteristiche individuali (età, ipercolesterolemia, ipertensione arteriosa, fumo di sigaretta) che aumentino il rischio cardiovascolare, anche se i dati sulla maggior parte di queste molecole appaiono rassicuranti. Sulla base di questa recente indicazione si è posto il tema dei pazienti che siano in terapia da tempo con anti-JAK e siano in remissione di malattia reumatologica. Ad oggi non ci sono indicazioni sulla scelta da effettuare in questi casi e pertanto occorre valutare e discutere con il paziente i rischi contrapposti di effetti indesiderati cardiologici e di riattivazione della malattia in caso di modifica della terapia.

Fonte: https://www.corriere.it/salute/reumatologia/23_marzo_22/malattie-infiammatorie-croniche-rischi-cuore-2cbf5c26-bf56-11ed-a204-070182f2d425.shtml