Perché i bambini si ammalano di tumore? Cosa ha scoperto, finora, la scienza

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10/10/2022

Ogni anno in Italia circa 2.300 bambini e adolescenti ricevono una diagnosi di tumore. Esistono fattori di rischio genetici e ambientali. Quanto alle altre cause ci sono molti sospetti e poche certezze

Molti progressi sono stati fatti, nei decenni più recenti, sul fronte delle terapie e della diagnosi precoce dei tumori pediatrici, ma ancora poco si conosce su come originano: per circa il 90 per cento dei casi la causa è ancora oggi ignota e si ipotizza che siano dovuti all’effetto dell’interazione tra vari fattori esterni con il patrimonio genetico di ciascuno di noi, che varia molto da soggetto a soggetto anche all’interno della stessa famiglia. I fattori di rischio studiati sono numerosi, ma le conclusioni sono ancora molto incerte.

Guarigioni in crescita

Ogni anno nel mondo oltre 300mila bambini e adolescenti ricevono una diagnosi di cancro: sono più di 60 i sottotipi diversi di tumori che colpiscono i più giovani e in Italia si registrano più o meno 1.500 diagnosi annue nella fascia di età 0-14 anni e 800 in quella adolescenziale, tra i 15 e i 19 anni, con una ripartizione per tipo di tumore differenziata secondo le fasce di età. Sebbene le guarigioni siano in continuo aumento (oggi oltre l’80% dei giovanissimi malati guarisce, con punte del 90% per leucemie, linfomi e tumori del rene, che sono peraltro fra le patologie più comuni in questa fascia d’età), le neoplasie restano la prima causa di morte per malattia durante l'infanzia. «Purtroppo è ancora limitata l’informazione su come nascono i tumori, soprattutto rispetto a quelli che esordiscono in età pediatrica, ma è stata dimostrata l’esistenza di precisi fattori di rischio, che si possono suddividere in genetici e ambientali — spiega Franco Locatelli, direttore del Dipartimento di Oncoematologia pediatrica e terapia cellulare e genica dell’IRCCS Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma —. Il ruolo dei fattori genetici nelle neoplasie pediatriche è un argomento ampiamente dibattuto e ancora lontano da una conclusione definitiva. In sintesi si può dire che, oltre al paradigmatico e ben noto caso del retinoblastoma (che colpisce l’occhio) e del nefroblastoma (che interessa il rene), il numero dei tumori determinati geneticamente è relativamente modesto, pari ad appena il 4-6 per cento del totale dei casi».

Predisposizione genetica

Solo per i retinoblastomi è stato calcolato che la componente genetica si aggiri intorno al 50 per cento circa, mentre per i nefroblastomi sarebbe nell’ordine del 5 per cento. Questi tumori (chiamati anche ereditari perché l’alterazione genetica implicata nella trasformazione cancerogena delle cellule interessa le cellule germinali) sono inquadrabili nelle cosiddette «sindromi neoplastiche familiari» quali, per esempio, la neurofibromatosi di tipo I (che predispone al rischio di sviluppare la leucemia mielo-monocitica giovanile o il neuroblastoma, il tumore solido più frequente dell’età pediatrica) e la sindrome di Li-Fraumeni, il cui riconoscimento diventa essenziale ai fini di una corretta prevenzione, oltre per la modulazione di scelte relative al trattamento. Ciò significa che, quando queste sindromi sono presenti in un gruppo familiare, i suoi membri hanno una predisposizione genetica ai tumori ovvero un aumentato rischio di sviluppare una neoplasia e devono quindi sottoporsi a speciali controlli. «Negli ultimi anni sono state riconosciute altre condizioni eredo-familiari predisponenti allo sviluppo di leucemie acute, sia mieloidi che linfoidi — precisa Locatelli —. Inoltre, anche nell’ambito delle sindromi mielodisplastiche dell’età pediatrica, sono state recentemente riconosciute mutazioni a carico di geni, quali GATA-2 o SAMD9, che sottendono allo sviluppo di queste condizioni pre-leucemiche. Non può, infine, essere dimenticato il rischio incrementato di sviluppare quadri di leucemia acuta (soprattutto mieloide nei primi 5 anni di vita e poi linfoide) che hanno i bambini affetti da sindrome di Down, la più nota delle alterazioni dell’asseto costituzionale dei cromosomi».

Fattori esterni

Inoltre, a differenza di quanto dimostrato nei tumori dell’adulto, si ritiene che per meno del 3 per cento dei tumori pediatrici sia plausibile una diretta correlazione con esposizioni ambientali (infezioni, agenti fisici o sostanze chimiche). In particolare i fattori esterni per cui è stato dimostrato in modo sicuro un aumento del rischio di tumori pediatrici sono le radiazioni ionizzanti (inclusa la radioterapia e l’uso scorretto delle radiazioni a scopo diagnostico durante la gravidanza) che causano un ampio spettro di tumori ematologici e solidi. In particolare, le neoplasie indotte da pregresso trattamento radiante erogato per un determinato tipo di tumore vengono definite come neoplasie secondarie, spesso connotate da probabilità di guarigione inferiori rispetto a quelli dei tumori primitivamente insorti. Una menzione particolare meritano le neoplasie indotte da infezioni virali quali, per esempio, i linfomi provocati dall’infezione dal virus di Epstein-Barr in condizioni d’immunodeficienza congenita o acquisita con farmaci. 

Molti sospetti, poche conferme

«Molto maggiore è il numero di fattori sospetti, per ora senza inconfutabili evidenze di solida certezza di nesso causale in pediatria — conclude Locatelli —: l’esposizione diretta a gas di scarico (per il benzene) o a pesticidi, l’esposizione a campi elettromagnetici a bassa frequenza. Sono anche state studiate le esposizioni lavorative dei genitori fino da prima della concezione del bimbo, così come le loro abitudini di vita, la dieta, il consumo di tabacco e alcol. Dal punto di vista della prevenzione, in linea di principio è bene evitare esposizioni dei bambini non solo ad agenti nocivi noti, ma anche a quelli sospetti, nell’attesa che la comunità scientifica dimostri la loro sicurezza».

Fonte: https://www.corriere.it/salute/sportello_cancro/22_ottobre_10/perche-bambini-ammalano-tumore-6373307a-17d7-11ed-bee0-d812f88c4af5.shtml